FAKE NEWS: UN MALE DA ESTIRPARE!

Un problema che sembra di difficile soluzione: troppo spesso l'improvvisazione, la mancanza di serietà, di preparazione e dilettantismo creano danni enormi...
La rete è una trappola micidiale di fake news ormai è risaputo! Ma in questi giorni, all'epoca del COVID 19, ha raggiunto livelli di pericolosità molto elevati e diciamo pure inaccettabili! Chi fa questo mestiere (giornalista) ed è iscritto all' ODG (Ordine dei Giornalisti), più di tutti, è tenuto a conoscere la deontologia professionale, alla verifica della veridicità delle notizie e dell'attendibilità delle fonti. Se sgarri ci sono, oltre agli altri di carattere giuridico penale, anche i provvedimenti dell'Ordine.
C'è un però: oggi, purtroppo, molte persone si improvvisano nel riportare notizie, sono dei "bluff", cialtroni di ogni risma che si credo giornalisti da premio Pulitzer solo per aver aperto un blog! Finisci con leggere "minchiate" di ogni genere e te le fanno pure passare per Vangelo! Siamo seri, per favore! Sono un vero pericolo pubblico con conseguenze che, molte volte, non solo sono pericolose ma anche devastanti e fanno danni irreparabili. Sono i famigerati creatori di fake news di cui la rete internet è un ricettacolo.
Per fortuna ci sono ancora editori seri! Sia che parliamo di televisione, radio, carta stampa e web, richiamando l'attenzione sul problema e invitano alla prudenza su quello che si legge e vede.. Come cita il proverbio: "ne uccide più la penna della spada". Fortunatamente e sottolineo fortunatamente, taluni comportamenti scorretti sono passibili di conseguenze punite dal codice penale e civile. In realtà, non esiste una regolamentazione standard sulle "bufale": in soccorso parziale arriva la legge con alcuni articoli del c.p.p. come diffamazione e procurato allarme. E se qualcuno pensa di condividere le fake news, credendo di essere immune da provvedimenti, ha capito molto male: anche la condivisione di un messaggio o notizia può avere conseguenze penali e non di lieve entità.

Il punto saliente è che non esiste assolutamente una regolamentazione, quindi la rete diventa un "campo di battaglia" dove le fake news imperversano all'ordine del giorno. Un esempio classico: lo scempio creato da tutta l' informazione errata e distorta sugli eventi legati alla situazione Coronavirus. Proprio la mancanza di un ordinamento, ha dato carta bianca a certe notizie circolate in rete. Domandiamoci come riuscire a gestire nel migliore dei modi le fake news, bloccare gli autori e chi le condivide, provando a limitare i danni. Punto di partenza: le fake news non sono tutte uguali e vanno trattate in diverse modalità. Spetta al giudice adottare i provvedimenti del caso fra le sanzioni e punizioni previste dal nostro ordinamento giuridico. Inquadriamo, dunque i reati in cui possiamo racchiudere le "bufale".
DIFFAMAZIONE: articolo 595 del c.p.p.: "Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente (ndr: 594 ingiuria), comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032 (1) (2).
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065 (3) (4).
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [c.c. 2699] (5), la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516 (6).
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate [c.p. 29,64] (7) (8)".
Punto centrale della fake news, in riferimento al reato di Diffamazione, è screditare una persona. La rete e i social sono il veicolo con cui circola la notizia: una diffusione che viaggia a velocità immediata e senza controllo, andando a migliaia di utenti, i destinatari finali o quasi perché a questo aggiungiamo la condivisione, ovvero il contagio epidemico. Nello specifico la fake news, può deviare dal binario della diffamazione e fine in quello della Calunnia.
CALUNNIA: articolo 368 c.p.p: "Chiunque, con denuncia [333 c.p.p.], querela [336 c.p.p.], richiesta [342 c.p.p.] o istanza [341 c.p.p.], anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale (2), incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata [64] se s' incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo; [e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte] (3)".
In questo caso bisogna fare i conti non solo con la mancata veridicità della notizia, ma anche della accusa falsa. I reati ipotizzati dalle fake news, però, non si esauriscono con Diffamazione e Calunnia: si corre io rischio di sconfinare anche in quello di Procurato allarme.
PROCURATO ALLARME PRESSO L'AUTORITÀ: art. 658 c.p.p. "1. Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da euro 10 a euro 516.
(1) Ammenda così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981".
La conseguenza di un falso allarme è una delle più pericolose: una fake news con questo oggetto ha l'effetto negativo di creare e spargere il panico fra la popolazione. In questo caso, l'inquadramento, come specificato è quello di Procurato allarme regolato dall' art. 658 c.p.p. Non importa il fine, è sufficiente che la conseguenza della falsa notizia incuta il timore di un reale pericolo. L'esame del procurato allarme deve far riflettere e non indurre in confusione: il reato, infatti, si trasforma nel momento in cui l'autore presenta la notizia non sicura e imminente ma solo probabile o eventuale. In questo caso si sconfina nel reato previsto dall'articolo 661 c.p.p.: ABUSO DELLA CREDIBILITÀ POPOLARE. Reato sanzionabile con una multa da 5.000 a 15.000 euro in base alla gravità del turbamento causato e al contenuto della fake news riportata.
ABUSO DELLA CREDIBILITÀ POPOLARE: art. 661 c.p.p.
"Chiunque, pubblicamente [c.p. 266], cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell'ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000 [c.p. 640] (1) (2).
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(1) L'ammenda risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.
(2) Articolo così modificato dal D.Lgs. 15 gennaio 2016 n. 8, pubblicato in G.U. n. 17 del 22 gennaio 2016 avente ad oggetto "Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'art.2, comma 2, della legge 28 aprile 2014 n. 67".
Un' altra situazione, in cui la fake news può creare sconquasso, sanzionabile dal Codice Penale è la:
DISTORSIONE DEL MERCATO : art. 501 c.p.p.
"Chiunque al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 516 a euro 25.822 [c.p. 29].
Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate [c.c. 2628; c.p. 64].
Le pene sono raddoppiate:
1) se il fatto è commesso dal cittadino [c.p. 4] per favorire interessi stranieri;
2) se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.
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(1) La condanna per il delitto previsto in questo articolo, se commesso in danno o a vantaggio di una attività imprenditoriale, o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione (art. 32-quater c.p.).
(2) Articolo così sostituito dall'art. 2, D.L. 15 ottobre 1976, n. 704, sulla repressione dell'accaparramento di merci.
Come facilmente intuibile anche la Distorsione del Mercato porta a conseguenze pessime: in questo caso, l'autore crea una notizia avente come oggetto un' informativa esagerata e totalmente falsa di rialzi o ribassi del prezzo di beni e servizi. La condotta viene ritenuta fraudolenta, il magistrato deve intervenire per fare chiarezza e accertare la reale volontà e intenzione di creare una turbativa di mercato di valori e merci. Le conseguenze, come riportate nell'articolo 501 del c.p.p. vanno dalla reclusione fino a 3 anni e la sanzione pecuniaria da un minimo di 516 ad un massimo di 25.822 euro. A creare turbative di mercato sono le motivazioni che inducono a certi comportamenti: questo ci porta direttamente all'articolo 2598 del Codice di procedura Civile.
ATTI DI CONCORRENZA SLEALE: art. 2598 c.p.c
"Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi [c.c. 2563, 2568, 2569] e dei diritti di brevetto [c.c. 2584, 2592, 2593] (1), compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione [c.c. 2564] con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;
2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente (2);
3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda [c.c. 1175, 2599, 2600] (3)".
Come premesso non è più il Codice di Procedura Penale ad occuparsi della questione, ma subentra il Codice di Procedura Civile e il reato è quello previsto dall'articolo 2598: Atti di concorrenza sleale. In buona sostanza la notizia falsa, creata ad hoc, mediante la diffusione di notizie menzognere su caratteristiche di determinati beni e servizi, porta a screditare i prodotti altrui. Lo studio, in questo caso, presenta un'estensione integrativa. Vale a dire: se l' informazione risultasse essere vera e la notizia stessa fosse strumentalizzata, con lo scopo di screditare la professionalità di qualcuno o la qualità dei suoi prodotti, il risarcimento provocato dalla "bufala" sarebbe di tipo morale ed economico.

Fin qui, abbiamo parlato della responsabilità del creatore delle fake news e delle conseguenze giuridiche a cui va incontro. Ma in un sistema, fatto da una rete di comunicazione, la notizia che veicola può a essere, a sua volta, condivisa da altri utenti che, a loro volta, potranno farla rimbalzare ad altri utenti, estendendo il campo della fake a macchia d'olio. In questo caso abbiamo due ipotesi che si relazionano con gradi di responsabilità diversa e diverse conseguenze. Parliamo di buonafede, ovvero di chi condivide una notizia. Esiste la convinzione della bontà e dell'onestà intellettuale con la quale è stata redatta, pensando sia vera. Sul piano opposto abbiamo la malafede: colui che è perfettamente conscio della falsità della notizia e volutamente la diffonde. Lo scopo è solo di generare panico e diffondere qualcosa di non vero. Nella prima ipotesi, condividere o commentare la notizia non costituisce reato, a differenza di chi ne è ben consapevole, come nel secondo. Attenzione anche alle parole che si utilizzano nella qualità dei commenti. Qualora la persona in questione commenta il post usando frasi denigratorie ed offensive, rischia una denuncia per il reato di Diffamazione, regolato come visto dall' articolo 595 del Codice penale, anche nel caso in cui la notizia sia totalmente falsa. Cambiamo scenario: nella situazione in cui si è a conoscenza della falsità della notizia e si vuole generare panico sociale, agevolando la diffusione della falsa notizia, chi la condivide è responsabile tanto quanto l'autore che l'ha redatta con le conseguenze penali che abbiamo visto.
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