PNRR: LA CAPACITÀ DI SPENDERE I FONDI RICEVUTI!

A 2 anni dalla fatidica data del 2026, siamo in notevole ritardo: solo 45,6 miliardi spesi al 31 dicembre 2023. Poco meno della metà degli stanziamenti arrivati da Bruxelles
Di primo acchito potrebbe suonare strano: come spendere i fondi ricevuti e in quali tempi? In realtà non lo è, non dovrebbe esserlo se parliamo di fondi stanziati nel piano PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che arrivano dall'UE. Tuttavia non basta avere a disposizione il capitale, bisogna anche essere in grado di utilizzarlo secondo logica, accordi, direttive e tempistiche. Questo almeno suggerisce il buon senso, onde evitare di impantanarsi perché non si trova una via d'accordo, "lasciando fermi" i fondi ricevuti.
NUMERI ALLA MANO
Siamo a metà del percorso, rapportato alla scadenza del 2026, con un bilancio che vede la spesa rendicontata del Piano nazionale di ripresa e resilienza aver raggiunto 45,6 miliardi di euro: poco meno della metà di quanto ottenuto. Già perché questo è quanto emerge dalla relazione sullo stato di aggiornamento del PNRR. Da Bruxelles, al 31 dicembre 2023, sono arrivati oltre 101,93 miliardi fra rate e prefinanziamento, che corrispondono al 52% del totale del PNRR; ma è altrettanto vero che solo meno della metà (come spiegato sopra) hanno trovato il loro utilizzo e altri 150 miliardi aspettano di essere spesi nei prossimo 2 anni e mezzo. Va precisato che in riferimento al piano PNRR, ante revisione, vanno tolti 2 miliardi e mezzo già spesi, ma esclusi dal piano per decisione di Bruxelles stessa, trasformando il valore reale in 42,9; significa che restano ancora 151,4 miliardi da spendere.
ASPETTATIVE SOTTO LE PREVISIONI
A questo punto, a due anni e mezzo dalla chiusura è davvero necessario accelerare i tempi per la spesa nel nostro Paese: un'esigenza che non può più tardare, motivo per cui il ministro per l’attuazione del Recovery plan, Raffaele Fitto, entro marzo dovrebbe licenziare il 4° decreto PNRR. Se facciamo un passo indietro, alla voce "spesa" notiamo che il 2023 si è chiuso al di sotto delle aspettative con 21,17 miliardi di euro spesi: di poco inferiore, dal punto di visita cumulativo, a quello fatto registrare nel biennio 2021-22. A quel tempo con Mario Draghi, Presidente del Consiglio, furono spesi 24,48 miliardi di euro.
RIPARTIZIONE E SPESE
Dei 43 miliardi di euro già spesi (in base ai dati della relazione semestrale), va rimarcato che poco meno di 30 sono stati utilizzati dai bonus energetici nelle sue varie forme e dalle misure di Transizione 4.0 e 5.0. per le imprese. Costituiscono una parte importante della spesa effettuata e attribuibile, finora, ai cosiddetti incentivi automatici, proprio per questa ragione rientrano in un conteggio immediato fra le spese sostenute. Abbiamo però molti "ritardi" e del terreno da recuperare, non c'è ombra di dubbio. Prima di addentrarci ad esaminare dove sono particolarmente accentuati questi "ritardi" di spesa, va sottolineato che c'è anche chi ha saputo trovare la marcia giusta per accelerare ed essere in linea con il piano spese e chi è, comunque, sulla buona strada. Nel primo caso parliamo delle Ferrovie dello Stato. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha assegnato a Rete Ferroviaria Italiana 25 miliardi di euro, di cui 7 sono già stati spesi ed entro giugno ne dovranno essere impiegati altri 18. Nel secondo ci addentriamo nel delicato campo idrologico e l'annoso problema annesso: il Dipartimento della Protezione Civile sta accelerando la messa a terra del miliardo e duecento milioni a disposizione, con 240 milioni già investiti sul territorio. A buon punto l’Alta Velocità Napoli-Bari con mezzo miliardo già speso su un totale di un miliardo e duecento milioni (guarda caso, si parla ancora delle ferrovie).
RITARDI
Molti però sono in ritardo e recuperare richiederà molto impegno. Fra i peggiori troviamo i lavori pubblici impantanati nelle lungaggini burocratiche delle amministrazioni. Un dato: appena 10 miliardi spesi dal 2021 ad oggi ed entro il 2026 se ne dovranno spendere qualcosa come 8 volte di più: 80 miliardi! Anche peggio ha fatto l'ANAS: che dovrebbe ricevere 17 miliardi e al momento è ferma a zero spese.
Fra i progetti che accusano notevoli ritardi, in particolare troviamo (nell'elenco riportato qui sotto) quelli ambientali che in gran parte fanno capo al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica:
La produzione di idrogeno nelle aree industriali dismesse (500 milioni di cui spesi zero)
Interventi sulla resilienza climatica delle reti energetiche (altri 500 milioni di cui spesi appena 5)
Realizzazione di nuovi impianti e ammodernamento di quelli esistenti per la gestione dei rifiuti (quasi 2 miliardi, ma appena 7 milioni spesi).
A rilento anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al quale sono stati assegnati 4 miliardi per:
Efficientamento e riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua anche loro al palo con poco più di cento milioni.
Ancora:
2 miliardi e mezzo (sempre al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) per il potenziamento del parco autobus a zero emissioni (solo 80 milioni messi a terra).
Infine si registrano ritardi anche per quanto riguarda le spese destinate al potenziamento e l’aumento degli Istituti tecnici superiori sul territorio, le scuole altamente professionali, richieste dalle imprese per fronteggiare la mancanza di mano d'opera specialistica: un miliardo e mezzo a disposizione a fronte di una spesa di soli 40 milioni.
Rimangono un paio d'anni, poco meno, per riuscire a trovare la quadratura del cerchio, ma occorrerà cambiare marcia superare la burocrazia e serrare i tempi.
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