ARRIVARE A FINE MESE? PER OLTRE LA METÀ DEGLI ITALIANI STA DIVENTANDO UN SOGNO CON PENSIONI...
- Luca E.G.Reboa
- 22 ott 2024
- Tempo di lettura: 7 min

Oltre il 50% della popolazione fatica ad arrivare a fine mese dopo una vita di lavoro e sacrifici: lavoro e pensioni sono i due nodi principali per una possibile via d'uscita
Potrebbe sembrare un'assurdità arrivare a dire una frase del genere, in Italia, alla fine del 2024! Ma è la pura, nuda e cruda verità, molte famiglie non ce la fanno proprio più per quanto stringano i denti e tirino la cinghia, ma fanno sempre più fatica ad uscire da questa situazione. In ginocchio ci siamo già da diverso tempo, inutile negarlo: molti nuclei famigliari che una volta stavano "bene", vivevano una vita dignitosa, anche agiata in molti casi, ora si ritrovano in grosse, anzi, enormi difficoltà finanziarie senza sapere se e come arriveranno a fine mese! Triste se si pensa che nel 1994 l'Italia era arrivata ad essere la 4ª potenza economica mondiale, prima di iniziare la picchiata verso il fondo. Dov'è finito tutto questo? La criticità economica del nostro Paese è sotto gli occhi di tutti, ormai da troppo tempo, e non basta dare la colpa al Covid, ai suoi effetti che sicuramente hanno dato il loro contributo a peggiorare il quadro della situazione. Cerchiamo di essere sinceri: parliamo di uno stato di grossa difficoltà che era già evidente anche prima della pandemia!
NUMERI DEL 2024 E SPESA ECONOMICA DELLE FAMIGLIE
La difficile situazione induce da parte di tutti, analisti, professionisti etc.. , a profonde riflessioni sulle possibili alternative che, comunque non sembrano né a breve termine, tantomeno risolutive in modo efficace (ndr. opinione puramente personale). Un quadro ben identificato dai numeri evidenziati dall'indagine dell'Eurispes che ha fotografato chiaramente le condizioni generali delle famiglie italiane ripartite in percentuali.
Il dato più significativo è legato al fatto che oltre la metà della popolazione italiana, il 57,4% non sia in grado di arrivare a fine mese senza grandi difficoltà. Le voci che vanno ad incidere maggiormente nei bilanci e che causano i disagi più rilevanti sono sempre i pagamenti: dalle bollette con il 33,1%, gli affitti per il 45,5% e le rate dei mutui al 32,1%. Fra le cause maggiormente imputabili di questa realtà (quelle "istituzionali" a parte, ovvero la situazione legata alla politica governativa in materia economica), per la maggior parte degli italiani (83%), la numero uno è sicuramente imputabile all'aumento dei prezzi dei beni di consumo che induce le persone a trovare una via d'uscita per fronteggiare il problema. Il costo della vita che sale di giorno in giorno in maniera sempre più rilevante e spesso "out of control", la situazione politica tanto interna quanto internazionale, con tensioni sempre più crescenti e notevoli danni commerciali, sono tutti fattori che incidono negativamente sul portafoglio degl'italiani, soprattutto sulle categorie di persone meno abbienti.
Vista la situazione bisogna fare di "necessità virtù": del resto se le finanze sono in affanno e il lavoro è ridotto all'osso, scarseggia o manca del tutto, le persone sono costrette ad ingegnarsi come possono. Ed è proprio questo uno dei noccioli della questione che alla lunga si paga a caro prezzo. Le pensioni, il loro valore, la rivalutazione: tre voci, tre tasti dolenti. Lavorare una vita per poi rischiare di non arrivare, o arrivare per miracolo a fine mese non e proprio una bella prospettiva! Ma questo è quanto sta accadendo nel nostro Paese, con le persone costrette a ricorre alle soluzioni più (passatemi il termine forte) "disparate": farsi aiutare dalla famiglia d'origine, dagli amici, acquistare rateizzando, spesso rinunciando alle cure (e qui ci sarebbe da aprire un capitolo ma, per il momento, è meglio tralasciare), oppure costretti ad attingere ai risparmi di una vita. La spesa mensile delle famiglie, stando all'Istat, anche se ridotta in termini reali (ndr: riferiti, ovviamente all'anno prima, 2023), resta un problema per molti nuclei famigliari: quella media mensile per consumi delle famiglie, al valore attuale è pari a 2.738 €. con un aumento del 4,3% rispetto all'anno precedente dove era pari a 2.625 €. Tuttavia va rimarcato che in termini reali si riduce dell'1,5% per effetto dell'inflazione (+5,9% la variazione su base annua dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo).
LAVORO - PENSIONE: MATRIMONIO NON SEMPRE FACILE
Chi pensa che basti lavorare, versare puntualmente i contributi e a fine carriera professionale il gioco sia fatto, che in automatico arrivi un buono stipendio-pensione a fine mese e ti permette di vivere tranquillo deve rivedere qualcosa. Sicuramente ci sono due aspetti dell'Italia, quella che sta bene e quella che ha i problemi di cui sopra. Anche i vari Istituti come INPS e INPGI (che sono quelli preposti a raccogliere i contributi dei lavoratori ed elargire le pensioni) non se la passano benissimo. Da tempo in difficoltà, con il secondo (INPGI) che addirittura è finito gambe all'aria con le conseguenze del caso, grazie ad investimenti sballati. L'INPS si difende ancora e regge, fra mille difficoltà, seppur con valori pensionistici decisamente ribassati rispetto alle aspettative e ai piani fatti da chi è entrato nel modo del lavoro con altre prospettive di pensioni: pensando di raggiungerla in un modo e ritrovandosi in tutt'altro con un valore ben al di sotto di quanto "ipotizzato". Erano altri tempi? Certo ma non basata giustificare lo stato attuale. Per il lavoratore che si trova dall'altra parte della barricata le preoccupazioni sembrano non finire mai. Ovvio che il discorso pensionistico ad oggi non è più quello di qualche decennio fa (quando l'Italia era ancora l'Italia "vera" e non una "briciola" finita nel calderone chiamato UE), con parametri e valutazioni totalmente rivisti in nome di una situazione economica diventata critica. E non è disfattismo ma la semplice realtà dei fatti.
Si cerca di restare a galla con una coperta sempre corta: la tiri da una parte, ti scappa dall'altra, le soluzioni sono difficili, non sempre quelle che vorremmo e il più delle volte non all'altezza. Il filo diretto è sempre lo stesso: persona-lavoro-contributi-istituto-pensione. E il lavoratore "onesto", da non mescolare con i furbastri, spesso ci rimette con tutte le complicazioni possibili e immaginabili, rischiando di "cadere". La caduta al giorno d'oggi fa male, spesso con la conseguenza di cui abbiamo parlato in apertura: arrivare a fatica o non riuscirci del tutto al 30 o 31.
Il lavoro, ad oggi, rimane una delle annose questioni che da anni attanagliano il nostro Paese, con scelte fatte dal Governo non proprio indovinate. Fra le domande che dobbiamo farci, in testa troviamo: perché sempre più giovani, laureati, stagisti o semplicemente chi cerca lavoro tende andare all'estero e abbandonare l'Italia scegliendo di non tornare più? Come siamo arrivati a questo? L'Italia era e rimane un grande Paese di imprenditori, di aziende importanti che piano piano ha visto scemare questo "status". Ora molte imprese e aziende hanno ceduto a investitori stranieri o hanno chiuso o gli stessi imprenditori hanno scelto di trasferirle oltreconfine per riuscire a lavorare e guadagnare per se stessi, i proprio dipendenti e la propria famiglia.
Quello che manca veramente, soprattutto da parte del Governo è la capacità di favorire l'imprenditoria. Parliamo chiaro: per farla rinasce, riuscire a ricreare posti di lavoro e tornare ad essere un Paese "vincente" non bastano i piccoli "paliativi" o "contentini", o rappezzi qua e là! Serve veramente che il Governo creda e favorisca concretamente la ripresa, con iniziative che inducano a stimolare la nascita di nuove imprese e non a limitarle come abbiamo assistito in questi anni sotto con una burocrazia spesso assurda, lenta e tassazioni ancora peggio. Se non si andrà in questa direzione sarà difficile assistere ad un miglioramento!
COSA PREOCCUPA GL' ITALIANI E IL 2025?
Al primo posto, senza dubbio proprio il lavoro e il precariato (13, 8%), seguito dalla tensione internazionale (12,8%) le malattie (12,5%) e gli aumenti vari, da luce a gas (12,3%), etc... A questo punto la domanda in primo piano è molto semplice: cosa aspettarci sull'argomento pensioni dalla Manovra di Bilancio per il 2025? La Legge di Bilancio da 30.000.000.000 miliardi di euro lordi non cambia granché le sue misure rispetto a quella 2024, ma qualcosa di nuovo c'è fra conferme e novità.
CONFERME 2025
Vengono prorogate le misure in scadenza a fine 2024;nel 2025 si potrà andare in pensione alle seguenti condizioni:
1) 62 anni di età compiuti con 41 anni di contributi (grazie a Quota 103); il rovescio della medaglia è la penalizzazione d'uscita: ricorre a questa opzione implica un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno (non può superare di 5 volte il valore della pensione minima).
2) Ape Sociale: questa opzione prevede il pensionamento anticipato all’età di 63 anni e 5 mesi, a fronte di 30 anni di contributi. Non va dimenticato che l'Ape Sociale è riservata ai disoccupati che hanno cessato integralmente di percepire la Naspi agli invalidi con percentuale di almeno il 74 e chi assiste familiari con grave disabilità da almeno 6 mesi. Spettanza anche per addetti a mansioni gravose: però, in questo caso, servono servono 36 anni di contributi, 32 anni nel solo caso di coloro che lavorano nel settore dell’edilizia.
3) Opzione donna: età 61 anni, con la possibilità di ridurre il requisito anagrafico di 1 anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Opzione riservata a lavoratrici che hanno versato 35 anni di contributi, invalide, caregiver o licenziate o sul punto di esserlo da parte di grandi, prevede un ricalcolo contributivo della pensione, con una penalizzazione che a seconda dei casi può arrivare anche al 30%.
NOVITA: RITARDARE LA PENSIONE E NESSUN TAGLIO
Tutto pur di avere qualcosa in più: bonus in busta paga! Potrà usufruirne chi raggiunge i requisiti per l’accesso a Quota 103, ma decide di ritardare il pensionamento. Il lavoratore, a questo punto, può decidere se rinunciare alla quota di contributi a suo carico trattenuta dalla busta paga che si traduce nel 9,19% se parliamo di privato, dell'8,80% se si trova nel pubblico impiego. Questo aiuto è più noto come "Bonus Maroni": altri non è che una valida alternativa, per chi lo desidera, di avere un aumento dello stipendio durante gli ultimi anni prima di andare in pensione.
Quanto al discorso "rivalutativo", ricordiamo che nel tanto nel 2023, quanto nel 2024, Giorgia Meloni aveva introdotto il taglio della rivalutazione: il 2025 dovrebbe rientrare il meccanismo di rivalutazione previsto dalla legge n. 448 del 1998. In pratica si parla di un adeguamento sulla base del costo della vita pari al 100% del tasso accertato per gli assegni il cui valore non supera di 4 volte il trattamento minimo. Invece, se entriamo nel range compreso fra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo, la rivalutazione scende al è al 90% del tasso e al 75% sopra le 5 volte 5.
Rimane, senza alcun dubbio, il fatto che in base alle ultime previsioni la rivalutazione sarà decisamente molto inferiore rispetto agli anni scorsi, con un tasso di inflazione fra l'1,6 e l'1,8%, mentre la rivalutazione straordinaria delle pensioni minime, dovrebbe essere nell'ordine del 2,7%.
I problemi però sono ancora tanti e troppi e resta pur sempre il fatto che oltre la metà della popolazione italiana, fatica ad arrivare alla fine del mese. E nel 2025? Vedremo....
Comments