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"-300 €", TSUNAMI O TERREMOTO: IL GOVERNO E LE PENSIONI!



Decisione senza precedenti: taglio di 300 € al mese. La stangata per i lavoratori è motivo di scontro: da una parte il Governo che ha fatto la scelta, lavoratori e sindacati dall'altra

Che ci siano pochi soldi nelle casse dello Stato è un dato ormai assodato, come lo è altrettanto il fatto che il Governo non sa più dove andare a prenderli! Casse sempre più vuote e come sempre avviene in questi casi arrivano tagli a destra e manca, oppure un aumento delle tasse, sotto molteplici forme. Gira e rigira sono le soluzioni che il Governo adotta sempre, per facilità (lo e sempre quando devi mettere le mani in tasca alla persone e "alleggerirle"), per comodità, perché non trova altra via d'uscita, il risultato è sempre lo stesso.


Neppure le pensioni si salvano: proprio quelle che dovrebbero garantire una certa serenità e tranquillità economica una volta chiuso il portone del mondo lavorativo, quelle che non dovrebbero mai essere toccate cascasse il mondo, ecco che entrano nel mirino dei tagli nel tentativo di salvare una situazione scomoda. Questa volta, però la "botta" non è proprio leggera: si può definire un'amputazione vera e propria e non un semplice taglio! La stangata in arrivo dal Governo è di 300 euro decurtati ogni mese ai titolari delle pensioni: decisamente troppo alta.


PENSIONI FRA LE PIÙ BASSE IN EUROPA

L'idea dei tagli voluti dal Governo metterà migliaia di lavoratori in condizioni non facili che avranno la pessima sorpresa di ricevere a fine mese l'assegno previdenziale più basso del previsto: i famigerati "-300 €" e forse anche di più. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che le pensioni in Italia sono, decisamente, fra le più basse d'Europa, il quadro è presto dipinto. Siamo di fronte ad una situazione che rischia di diventare non solo difficile da sostenere, ma addirittura impossibile con un fronte che si presenta spaccato in due: da una parte lavoratori e sindacati giustamente irritati (per non dire peggio) per la "trovata", dall'altra il Governo Meloni che l'ha partorita e pensata... E non è nemmeno l'unica...


La situazione attuale, impedisce ad un lavoratore di andare tranquillamente in pensione anticipatamente, sia per la crisi economica, sia per le natalità notevolmente ridotte. Il Governo Meloni, in mezzo a tutto questo, non si è limitato alla stangata di per sé già difficile da incassare, ma ha preso anche la decisione di ricalcolare con il sistema contributivo gli assegni di previdenza per sanitari, docenti di scuole materne, elementari e dipendenti degli enti locali: per niente vantaggioso nei confronti dei lavoratori.


CALCOLI, NUMERI, STIME E PREVISIONI

Iniziamo dal vecchio sistema retributivo: questo teneva conto delle retribuzioni ricevute negli ultimi anni. Il sistema contributivo, invece tiene conto solo dei contributi versati e dall'età raggiunta quando si esce dal mondo del lavoro. Il ricalcolo dei contributi (è importante) non riguarda tutti i lavoratori appartenenti alle categorie appena citate (sanitari, docenti di scuole materne ed elementari e dipendenti degli enti locali) ma esclusivamente quelli che durante il sistema retributivo hanno accumulato meno di 15 anni di versamenti, cioè il soggetti che hanno iniziato a versare contributi dal 1981 in avanti.


Le previsioni parlano del 20% di perdite ogni mese e i tagli nell'aria riguardano circa 732.000 lavoratori: cifre alla mano, questa "decurtazione" per lo Stato si tradurrà in un risparmio (decisamente a lungo termine) da adesso fino al 2043 di 21,4 miliardi di euro, circa.


Toccati anche i dipendenti di ex banche pubbliche che hanno scelto l’isosopensione: opzione che permette di uscire dal mondo del lavoro con 7 anni d'anticipo rispetto alla legge Fornero dell'età pensionabile. In questo periodo, lungo poco più di un lustro, il lavoratore percepisce un assegno direttamente dal suo ex datore di lavoro; e fin qui tutto regolare, ma al raggiungimento dell'età pensionabile e quindi in grado di riceve la pensione ordinaria prevista, l’assegno che percepirà dall'INPS sarà più basso di almeno il 20% .


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